… Messenger from Paradise…
Part 3

-Soundtrack: Cry

… Il professor Donovan era davvero diverso da tutti gli altri, ma questo mi sembra di avervelo già detto. a ogni modo, si dimostrò ancora più diverso nel fatto che fu l’unico di tutti quelli che mi avevano conosciuto che non mi bollò come catastrofe naturale e continuò a parlarmi, con mio grande sollievo… In principio tutto si limitava a uno scambio di testi, lui mi portava alcuni autori che non conoscevo e io gli passavo quelli che avevo letto con le mie note personali a fianco e poi discutevamo della comprensione del testo. Ovviamente non gli feci certo leggere quelli in cui imploravo Dio per il riposo eterno, ma credo che anche le note più asettiche lasciassero traspirare la mia disperazione e così ben presto ci trovammo a conoscerci piuttosto bene, visto che lui era un ragazzo molto aperto e poteva leggere ciò che io ero troppo timida per dirgli sui margini dei miei libri…
Come che fosse, per una strana convergenza di eventi ci trovammo ben presto a passare molto tempo assieme e a dividere momenti molto felici. Divenne l’amico che non avevo mai avuto…Tutto a un tratto la vita mi aveva svelato un lato di sé che avevo creduto mi sarebbe sempre rimasto nascosto e mentre la vita cominciava a sorridermi, io cominciai a sorridere alla vita… In breve capii che per superare tutto quel male che mi ero e mi avevano fatto avevo bisogno di qualcuno e vidi nitidamente in John quel qualcuno… Lui, d’altro canto, doveva aver visto in me una persona aliena a quella cultura dell’apparenza, tratto che avevamo in comune, ed evidente soffriva molto nel vedermi scacciata senza motivo da persone che giudicava forse meno meritevoli di gioie nella vita e, visto il suo buon cuore, non seppe lasciar perdere.
Il professore fu di fatto l’unico che non trovò spregevole o noioso il mio talento. Era invece felice di aver trovato una persona come me e, al contrario degli adulti, apprezzava di poter discutere con me alla pari, accettando che una persona più giovane potesse essere ugualmente profonda. Così fu che cominciai a passare con il mio insegnante gran parte del tempo libero, riprendendo a sorridere, cosa che ormai mi ero quasi scordata come si facesse. Spesso mi affidavo alla sua inventiva e giovialità (di cui io mancavo completamente, pur essendo di molti anni più giovane) per trovare passatempi per il tempo che avevo sempre impiegato solo per piangere e lui immancabilmente riusciva a sorprendermi con qualche trovata che mi mostrasse quanto bello potesse essere saper vivere. Molte volte mi portò in escursioni in montagna e mi insegnò come fare composizioni floreali che non mancavo mai di regalargli. Ancora più spesso giocava con me a pallavolo o altri sport e molti dei miei pomeriggi li passavo a casa sua dove, mentre lui preparava ricerche o altre cose per l’università, che ancora frequentava per conseguire una seconda laurea, io svolgevo i compiti assegnati. Quando finivo prima (praticamente sempre) lo aiutavo nelle bibliografie o nello sviluppo di alcuni temi che riteneva adatti, fidandosi profondamente, anziché disprezzando, le mie capacità.
Prima della sera, prima che io tornassi al mio alloggio, discutevamo sempre profondamente delle cose che avevamo letto o visto; più avanti entrammo tanto in confidenza che ci trattenemmo tanto nella discussione che, più spesso che no, dormivo a casa sua per comodità. Il professor Donovan sembrava non stufarsi mai della mia curiosità, voglia e capacità di apprendere e apprezzava anche che nelle mattine dei fine settimana lo accompagnassi nei suoi esercizi e che ci allenassimo insieme, più tardi anche iscrivendoci nella stessa palestra.
Un rispetto e ammirazione reciproca ci univa e allo stesso tempo separava: lo chiamavo sempre infatti “Professore” o al meglio “Prof.” o quando, dopo circa due anni che continuavamo a vederci, mi sentivo veramente audace “Professor John”. Io non mi lamentavo di certo, tuttavia: era più di quanto avessi mai avuto di quanto avessi mai sperato di avere. Non mi importava se ero sempre e solo la sua alunna, sapevo che non avrei mai potuto essere altrimenti e che, per quanto ci sentissimo vicini, il vuoto fra noi era incolmabile. Il solo potergli stare accanto illuminava le mie giornate un tempo tanto cupe (in fondo non un tempo molto distante) e paventavo per la prima volta nella mia vita l’arrivo del giorno in cui avrei dovuto lasciare la scuola per timore di non poterlo vedere più. Tuttavia, come nelle migliori storie, un colpo di scena mi aspettava dietro l’angolo che, ovviamente, non si trova mai nel posto o nel momento in cui ti potresti aspettare un colpo di scena…

-Soundtrack:The Power of Love

-- Il cielo era cosparso di dolci matasse di zucchero filato ed il vento era generoso di calore, carezzando i due giovani seduti sul pendio erboso, verde come lo smeraldo, ondeggiante come petali adagiati sul vento. Luna sedeva abbracciando le ginocchia, sguardo perso nell’orizzonte che ormai aveva imparato a guardare con speranza e a vedervi un avvenire in un cui si poteva anche sorridere… E chi le aveva insegnato tutto questo stava sdraiato di fianco a lei, coprendosi gli occhi dal sole risplendente con un braccio, riposandosi dalla corsa appena intrapresa. Era bello… Semplicemente… Non riempito di muscoli, né sofisticato, né per sfoggio di ricchezza, ma semplicemente bello, vivo, che conosceva il significato di una parola tanto abusata, ma così poco “sentita”… Luna lo fissava un po’ persa… c’erano tante cose che avevano discusso insieme e avevano parlato per ore, ma le uniche cose che avrebbe voluto che sapesse di lei, quelle non aveva mai avuto la possibilità di dirgliele…
“A che pensi, Luna?” La risvegliò lui, dolce. Lei sobbalzò un attimo, ma si ricompose subito
“Nulla, stavo solo riprendendo fiato” Mentì lei, spostando nuovamente lo sguardo verso l’orizzonte… Era incredibile… Che a poche centinaia di miglia di distanza ci fosse un mondo che stava soffrendo, mentre lì tutto era così perfetto… Era incredibile… Che davvero sentisse che, per una volta, non le importava nulla davvero. Voleva solo rimanere lì e assaporare quei fugaci istanti, dimenticandosi di essere diversa, dimenticandosi tutto… E tutti… Tranne lui… Erano così lontani da tutto, sembrava che al mondo ci fossero solo loro…
“Non mi inganni, piccola… Non sai tacere senza che la tua mente pensi qualcosa di straordinario…” Lei trasalì un poco, poi cercò il coraggio nell’orizzonte…
“Sì, stavo pensando… Tu credi che… Per i criteri morali della nostra società tanto materialista e consumistica, l’amore sia un sentimento superato? Credi che la società odierna sia troppo frenetica per affidarsi ancora a simili romanticherie? Specie per noi giovani, credi che oramai dovremmo imparare ad accettare i nuovi criteri della società e cercare di non rincorrere chimere distanti, ma impegnarci nella nostra realtà attuale senza distrarci in sogni irrealizzabili?” John si mise a sedere, lo sguardo di chi comprende la profondità di un simile argomento, troppo intelligente per non intuire che quelle parole preludevano a un pensiero molto più faticoso…
“Continua…” La esortò
“Voglio dire…” Si sforzò lei spinta dal vento e dal sole a giocare il tutto per tutto “…Viviamo in una società dai caratteri morali molto rigidi e con una cultura dominante di certo non disprezzabile, visto che tu ne sei un rappresentante attraverso il sistema scolastico di questa stessa società e sai quanto io stimi il tuo operato…”
“Certo…” Intercalò John
“Ecco, mi chiedevo appunto… Se in una cultura di questo tipo, la società non tenda a considerare quelli che si lasciano trasportare da un sentimento così poco razionale come l’amore… Un poco ingenui… E… Mi chiedevo… Se… La società non tenda a… Cioè voglio dire… Una società come la nostra vedrebbe, per esempio, una ragazza che si innamora di un ragazzo molto più grande di lei come un infantile individuo, troppo spaventato per crescere da solo e afflitto da un grave complesso di Elettra, non credi anche tu?...”
John la fissò a lungo, guardando in realtà dentro se stesso per trovare cosa fosse meglio rispondere, poi anche su di lui il vento soffiò…
“Sì, credo proprio che la vedrebbe così… Specie se il ragazzo fosse grande abbastanza per essere l’insegnate di quella ragazza…” Rispose dopo una lunga pausa. Lo sguardo di Luna si svuotò di ogni precedente gioia e speranza e si rivolse a terra, ma il ragazzo le prese dolcemente il mento tra l’indice ed il medio risollevandole lo sguardo perché incrociasse il suo “…Ma vuoi sapere un’altra cosa?...” Aggiunse “…Non me ne frega proprio niente di quello che pensa questa società… Tutto quello di cui veramente mi importa… Sei tu….” Gli occhi di Luna tremarono lucidi, increduli, poi John le passò una mano tra i capelli e avvicinando dolcemente il capo lasciò che le loro labbra si incontrassero lievi come le Nuvole, come il Vento, come l’Amore Puro…