Bang!


Sara si piegò verso terra, andando a toccare le punte dei piedi un paio di volte, poi si risollevò distendendo le braccia verso l'alto; piegò il busto da un lato e poi dall'altro, le braccia distese, infine espirò e tornò a distendersi sul letto, finiti i suoi esercizi quotidiani. Riprese in mano il libro aperto sul comodino e riprese la lettura, anche se con una certa foga, forse indice di mancanza di calma o di un poco di irrequietezza: in quel periodo si sentiva come se non potesse stare ferma, come se fosse costretta a impiegare ogni attimo del suo tempo: che fosse un triste presagio? Presagi... Si sa che i presagi sono cose da film, da romanzo; lei, che aveva la realtà cruda fin troppo vicina, non aveva tempo per cose del genere, anche se...
Una volta di più le grida riempirono i corridoi fuori dalla stanza, Sara volse lo sguardo di scatto verso la porta, in ascolto; cominciavano a diventare sempre più frequenti questi gridi e a risuonare anche nel giorno, ma stavolta Sara poté sentire un formicolio, un brivido che le risaliva la schiena... I presagi... Passi lunghi, quelli di un uomo di certo, e pesanti, sicuramente quelli di un uomo che ha fretta, scalpitarono sul pavimento di legno non lontani dalla stanza della ragazza. La voce di Rosa gridò strepitando, zittita a brevi istanti di distanza da quella di Bob che urlava roca più forte di quella di lei; infine i passi si accostarono alla porta della stanza. Ne seguì un litigio piuttosto aspro... Non era mai capitato prima, Rosa si era sempre premurata di mantenere una parvenza di normalità, doveva star succedendo qualcosa di molto grave... I presagi... La voce di Rosa allarmata venne sovrastata nettamente da quella di Bob ed i passi ripresero; ancora Rosa gridò, ma questa volta chiamò il suo nome, il nome di Sara, come per avvertirla, poi la porta si aprì di colpo e Bob entrò. L'uomo si voltò rapidamente e richiuse la porta, impedendo a Rosa di entrare, poi serrò l'entrata a chiave e si voltò verso la giovane...
"Bob..." Chiese perplessa ed un poco insicura Sara, ancora seduta sul letto con il libro in mano. L'uomo parve un poco sorpreso di udire il suo nome
"Ah... Così sai come mi chiamo..."
"Si sente spesso il suo nome, signore..."
"Eh eh... Bambina perspicace..." Fece con aria sarcastica
"Mi scusi... Che succede?" Domandò mimando ingenuità, riferendosi ai rumori di poco prima
"Oh, quello? Solo una delle solite discussioni tra me e la tua amica... Nulla di serio..."
"A proposito di cosa?... Se mi permette..." L'uomo sospirò e con passo sciatto si portò verso il letto. Fuori le grida ancora non accennavano a cessare. "È sicuro che vada tutto bene? Rosa..."
"Lascia stare quella scema" Tagliò corto lui "Stavamo parlando della tua permanenza qui..."
"Se sono di disturbo..."
"Rosa mi ha detto che sei guarita dalle ferite" La ignorò lui. Sara annuì con il capo, ritraendosi verso il muro mentre l'uomo si faceva più vicino "Sarebbe ora che tu cominciassi a ripagarci per tutto il tempo che ti abbiamo tenuta con noi con tanto amore..."
"Che cosa posso..." Accennò nuovamente lei, ma venne ancora interrotta dal poco di buono
"Puoi cominciare a spogliarti" Fece brevemente lui "O sei davvero così scema come crede Rosa da non capire che posto è questo?"
"Mi state chiedendo di prostituirmi?" Replicò Sara, gli occhi flessi in uno sguardo nervoso ma calcolatore, comprendendo l'inutilità di lasciarsi prendere da panico.
"No, te lo sto ordinando. E farai bene ad imparare che qui nessuna discute i miei ordini, se vuole continuare ad avere tutte le ossa al loro posto. Ora spogliati e girati, puttanella, devo lasciati vergine per i clienti, davanti..."
Passò un solo istante prima che Sara decidesse come affrontare la cosa
"Vaffanculo"
"Tsk... Acida e ribelle, proprio come quella stronza di Rosa... Nessuna sorpresa che ti si sia affezionata come una cagna con i cuccioli... Allora adesso..." Annunciò mentre estraeva dalla tasca un siringa e le toglieva il cappuccio scoprendo l'ago "...Ti fai un bel giro in giostra, proprio come lei, così vedrai che ti andrà bene qualunque cosa ti faccia. Quando avremo finito con questa, vedrai che ti verrà voglia di obbedirmi per averne ancora... sempre che tu non vada in overdose..." Bob messe un passo minaccioso verso il letto "... Ma perché dovresti? A Rosa non è successo, in fondo..." L'uomo scattò in avanti, mentre Sara faceva per girarsi. Bob le afferrò il braccio sinistro all'altezza del polso e la strattonò per farle distendere il braccio, poi preparò l'altra mano per conficcare l'ago, ma la mano di Sara raggiunse il suo obbiettivo ed impugnò il regalo di Rosa; la ragazza si voltò di scatto e mentre i capelli rossi volteggiavano nell'aria, la pistola si puntò a pochi centimetri dal volto dell'uomo che si paralizzò all'istante. Lo sguardo di Sara non era mai stato così serio, né così freddo; la sua mente si focalizzò su Rosa e su tutto quello che aveva fatto per lei e, subito dopo, su tutto quello a cui quell'uomo l'aveva costretta. Per questo breve istante l'uomo parlò
"Ma che cazzo credi di far..." Poi il boato dello sparo invase la stanza ed il piombo invase la sua faccia. Sara non si mosse di un centimetro, né cambiò espressione, come se tutto si fosse ridotto a quello che effettivamente era... Aveva solo mosso un dito... Nemmeno gli schizzi di sangue che la colpirono al volto le fecero alcunché: guardando il cadavere ai piedi del letto, nulla la pervase, se non la consapevolezza di aver liberato il mondo da un verme. Rapida afferrò i suoi vestiti e li infilò, poi aprì la finestra e, camminando sulla tettoia sottostante, raggiunse lo sterrato di fronte al bordello. I furgoncini e le macchine dei clienti stazionavano lì davanti senza alcuna protezione; Sara cercò velocemente quello di chi si sentiva troppo a casa per portarsi via le chiavi, e, dopo aver sbirciato dai finestrini per qualche istante, aprì lo sportello di un pick-up e vi salì sopra. Controllò che la marcia fosse in folle, inserì la chiave nel quadro, la girò, poi innestò la marcia e con una manovra di fortuna affrettò il veicolo sbandante sull'asfalto della strada statale...

Beh, che dire... Molto meno rocambolesca di come me l'ero immaginata, la mia fuga...Molto più semplice e lineare... Ammazzi il padrone, rubi un furgone e ti levi di torno...Mollai il furgone poco più avanti, quando mi sentì al sicuro, visto che fino a quel momento avevo proseguito guidando secondo quello che avevo visto fare da mio padre...Mi fermai dopo qualche chilometro e cominciai a camminare, sperando di poter farmi dare un passaggio da qualcuno e nel frattempo...Beh, veramente credevo che mi sarebbe venuta una crisi di nervi per quello che avevo fatto... Ma più ripensavo alla faccia di Bob che andava in pezzi, più invece la cosa mi scivolava sopra senza darmi pensiero... Ero cambiata, senza dubbio... Forse mi era entrata dentro un po' di quella "realtà", decadente e sgualcita...Forse cominciavo a vedere la morte non come questa signora nera sempre distante, ma come una componente di ogni giorno...La realtà vortica senza mai fermarsi... Chi rimane indietro non ha scampo, bisogna continuamente correre sul filo e non avere esitazioni... Così sembravo pensarla adesso...Tutto si gioca in un battere di ciglia, non c'è tempo per ripensamenti o questioni morali... Non ci sono regole che proteggono i deboli dai forti... Proprio come diceva Rosa... I forti prendono quello che vogliono e i deboli... Devono diventare forti, o soccombere... Come Rosa... Come Mike... Come la mia famiglia...Il piombo che aveva spappolato il volto di Bob... Non era una questione morale, non era un peccato religioso, era solo una questione di sopravvivenza...Bob aveva tentato di prendersi ciò che non era suo e io glielo avevo impedito... non c'era nulla di "innaturale" in tutto ciò... La natura è selvaggia... E senza regole, come avevo potuto sperimentare... Ma basta con queste storie...In breve, passai da un passaggio all'altro con l'obbiettivo di tornare a casa... Per tentare di rimettere insieme almeno i cocci della mia vita... Non fu difficile tornare in città, stranamente quasi tutti gli uomini mi davano volentieri un passaggio, anche se non sempre mi guardavano negli occhi quando accettavano... Quello che trovai, però, al mio ritorno, non mi aiutò certo a risollevarmi da quel cinismo che sembrava essersi impadronito di me...