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Con la magnanimità di chi sa di aver ottenuto la più completa vittoria, la Direttrice continua ad accudirmi per permettermi di fare completamente ritorno da questa parte. Essendo decisamente più alta e statuaria di quanto io sia, china il capo su di me rivolgendomi proprio lo sguardo che potrebbe appartenere a un nume tutelare che mi vegli dall’alto.
“Su, signorina Amabel, si faccia forza… Non è ancora giunto il suo momento. Ora è ancora qui con noi” Mi sussurra mentre mi carezza il capo con una mano “Riesce a reggersi in piedi da sola, signorina Amabel?” Chiede infine suggerendomi con la massima cortesia che sia giunto il momento di riprendere la nostra distanza formale. Io sono ancora terribilmente scossa, ma non abbastanza da non trovare a mia volta decisamente inappropriato quel gesto affettuoso, specie contando che ora ricordo abbastanza bene che quelle mani, che ora mi carezzano il capo, poco fa scostavano il drappo che mi ha donato quell’angosciante visione.
A questo pensiero mi allontano piano e tengo il capo chino per non mostrare alla Direttrice il mio sguardo in cui di certo è nascosta una punta di risentimento. Non piango già più e il mio malcelato orgoglio credo mi abbia già imposto di ricucire al meglio un contegno credibile sopra alla mia più completa vulnerabilità. No, non provo neanche a fingere di essermi ripresa del tutto… E non sono nemmeno così arrogante (o stupida) da provare a far credere che l’esperienza non mi abbia toccato più di tanto. Oltre all’imbarazzo di dover negare l’evidenza, potrei malauguratamente avere successo… E quindi instillare l’idea che mi serva qualcosa di più “drastico” per correggere i miei atteggiamenti… Meglio davvero evitare di suggerire questa possibilità.
“S… Sì, grazie, Signora Direttrice” Rispondo formalmente mentre mi cancello dalle guance le tracce delle lacrime.
La Direttrice mi osserva brevemente mentre si risistema gli occhiali sul naso e sfoggia un sorriso compiaciuto in cui però riesce incredibilmente a non mischiare nemmeno il più piccolo briciolo di sadismo. Il suo viso dice che è contenta di vedermi emergere sconvolta da questa esperienza, ma solo perché pensa che mi abbia aiutato; nemmeno per un istante il suo sguardo assomiglia anche solo vagamente a un “Ben ti sta”. Mi accorgo solo dopo qualche secondo che, pur continuando a tenere il capo chino, la sto fissando meravigliata di quell’espressione tanto “buona”; subito distolgo lo sguardo andando a fissare il pavimento, in un’implicita richiesta di scusarmi.
La direttrice accetta le scuse voltandosi e tornando verso la sua scrivania come se nulla di tutto questo travaglio fosse mai accaduto e apostrofandomi con le parole che una sedicenne qualunque si aspetterebbe di udire dopo una normalissima visita alla Direttrice della propria scuola.
“Molto bene, signorina Amabel. Sono felice di averla potuta aiutare a ritrovare la giusta prospettiva per i suoi studi. Ora può tornare alle sue lezioni e, ricordi, se dovesse avere bisogno di ulteriori stimoli per raggiungere i suoi obiettivi, sia io che il personale docente siamo a sua completa disposizione” Conclude riprendendo posto sulla sua poltrona e tornando a compilare i documenti in cui era intenta prima che io venissi ricevuta.
“Sì… Grazie… Grazie per il suo tempo, Signora Direttrice” Provo io facendo una incerta riverenza, ma non devo avere la stessa capacità della Direttrice; me lo dice il leggero mutamento del suo sorriso che intravedo quando il suo capo si solleva appena dal lavoro appena ripreso. È divertita nel vedere il mio sforzo per non far trasparire quanto poco riconoscente sia per l’”illuminazione” che ho appena subito. Per un attimo ho paura che la mia incapacità sarà fonte di un ulteriore rimprovero, ma immagino che la Direttrice sia davvero soddisfatta nel vedere che ancora un poco tremo per lo shock e quindi mi congeda ignorando la mia “indisponenza”
“È stato un vero piacere, signorina Amabel. Può andare ora” Non desiderando passare un istante di più vicino al drappo scuro sulla parete (e soprattutto a quello che ci sta dietro), riprovo con la riverenza e poi parto a passo spedito verso la porta dell’ufficio, ma proprio a un paio di passi da essa, la voce della Direttrice mi ferma ancora.
“Ah, un’ultima cosa, signorina Amabel…” Il cuore mi salta di nuovo in gola e, per quasi un intero secondo, mi fa scordare che le sto dando maleducatamente le spalle. Il mio scatto nel voltarmi è davvero il miglior segno della soggezione di cui sono totalmente preda in questo momento.
“S… Sì, Signora Direttrice?”
“Se non sbaglio ora la aspetta la sua lezione di canto, vero, signorina Amabel?” Mi chiede mentre un’altra pennellata si aggiunge a quel suo sorriso che riesce con impercettibili variazioni a esprimere più di quanto io potrei fare con mille parole. Questo tratto in particolare sembra addirittura compatirmi un poco per quanto sono spaventata.
“Sì, Signora Direttrice” Rispondo impedendomi a forza di aggiungere la fin troppo ossequiosa formula “Lei non sbaglia mai, Signora Direttrice”.
“Bene, signorina Amabel. Deve sapere che ogni volta che mi consulto con i suoi insegnati per capire come procedono i suoi studi, è dalla sua istruttrice di Canto che sento sempre gli elogi maggiori” Immagino voglia dire che è l’unica che non le riferisce che sono un’idiota, ma evito di sottoporre al vaglio della direttrice la mia traduzione “Mi riferisce infatti che è rarissimo trovare una voce candida e gentile come la sua, signorina Amabel, e che, quando canta, tutti quanti rimangono avvolti da una piacevole sensazione di “rapimento”…”
“Non… Non mancherò di ringraziare la Professoressa… Anche… Anche se credo che sia stata troppo gentile, io…”
“Oh, no, niente affatto, signorina Amabel. Ho avuto modo io stessa di udirla cantare” Non so perché, ma la cosa mi mette addosso un infinito imbarazzo “Quello che vorrei è che fosse lei stessa a prestare attenzione alla sua voce, signorina Amabel. Forse potrebbe convincersi davvero di quanto sia speciale… La sua è proprio la voce che avrebbe una stupenda colomba bianca: pura, candida e sublime. Nel canto di una colomba candida si può udire il benevolo disegno del Creato: lei ha questa purezza dentro di se, signorina Amabel. La ascolti… e le obbedisca”
Tutti questi complimenti mischiati a quel severo ordine finale mi spiazzano un po’, ma cerco di riprendermi in fretta e di non scordare l’etichetta.
“Grazie… Grazie, Signora Direttrice. Grazie per il consiglio: lo seguirò di certo”
“Benissimo, signorina Amabel, e le suggerirei anche di rivolgersi alla sua Istruttrice di Canto perché la consigli su come portare questa sua dedizione anche verso le altre materie che non le risultano altrettanto “congegnali”…”
“Non… Non mancherò…” Rispondo facendo l’ennesima riverenza e cogliendo il non troppo velato suggerimento a cambiare atteggiamento nei miei studi.
“Ne sono certa. Ora è davvero tutto, signorina Amabel: può andare. Buona Giornata”
“Buona Giornata anche a lei, Signora Direttrice” Rispondo con tutta la cordialità possibile per poi girarmi e raggiungere la porta dello studio.
Per un istante temo che giunga un nuovo contrordine, anche solo per terrorizzarmi ancora un poco, ma alla fine la mia mano ruota la maniglia e i miei piedi oltrepassano la soglia, portandomi fuori dalla stanza della Direttrice… e lontano dallo Specchio dei Cieli.