BGM: “Big Shell”
Izu sbirciò ancora una volta dietro l’angolo per controllare se la situazione era cambiata, poi si volse indietro verso Ari e le diede le ultime istruzioni
“Allora, siamo intesi? Se qualcosa va male, tu scappa con il Libro e con l’avioscooter, chiaro?”
“É proprio necessaria questa cosa?” Fu nuovamente la sua obiezione. Izu sospirò, ma capiva l’apprensione di Ari: anche lui era spaventato.
“Sì, te l’ho detto… Dovrei riuscire a convincerli abbastanza facilmente, ma se non funziona, tu devi dartela a gambe a tutti i costi. Allora, pronta?” Ari annuì a malincuore con il capo “Bene, allora vado…”
Izu girò infine quel maledetto angolo e si diresse verso un paio di ragazzi dal look decisamente aggressivo che stavano scambiando due parole appoggiati al muro di un palazzo sul limitare della zona semideserta. Da poco più in là già si poteva sentire il clamore della vita notturna che tentava di infiltrarsi in quei vicoletti tanto piccoli da sembrare in realtà solo un’intercapedine tra le enormi strutture. Quelli verso cui si stava dirigendo dovevano esser membri di una qualche banda giovanile. Come poteva dirlo? Facile: non stavano scappando da nessuno. Per quanto la propaganda morale dei media condannasse ogni giorno più duramente la violenza delle bande e ancor più duramente quello che chiamavano “il degrado morale” giovanile che tollerava, anzi, rispettava e ammirava l’appartenenza ad una banda, a tutti coloro che vivevano per strada giorno dopo giorno era chiaro quale fosse il punto dietro l’esistenza delle bande: la sopravvivenza. Poteva ben darsi che in un vicino o lontano passato le bande fossero formate solo dai delinquenti che miravano piuttosto all’arricchirsi o divertirsi sulla pelle degli onesti e dei pacifici, ma oramai i tempi erano cambiati: con l’escalation che la violenza di strada e il crimine avevano registrato durante il dominio delle corporazioni, ai ragazzi, anche a quelli buoni e giusti, era rimasta una sola opzione per fronteggiare la violenza di cui erano oggetto ogni giorno. Avevano dovuto riunirsi in una banda a loro volta. Così, dopo tutto il ciclo evolutivo che la razza umana aveva percorso, ecco che tornava forte più che mai uno dei suoi fondamentali principi animali: il Branco. La società in se stessa in fondo non è altro che un enorme branco, ma ora che il potere centrale di questo era venuto meno, ora che gli organi di vigilanza non vigilavano più come dovevano, ora che, grazie alle corporazioni, il punto non era più “tentare di indirizzare la cosa pubblica con un’amministrazione corretta e giusta” ma “non imporre più alcun vincolo (al mercato) perché così la libera competizione avrebbe migliorato da sola le cose”, si era infine arrivati al “Nocciolo” della questione umana… Gli esseri umani sono degli animali. Sono cioè fatti di carne e sangue, sono fragili e possono morire facilmente (ed “essere uccisi” facilmente) e nella Giungla non è il più giusto che sopravvive, ma il più forte. E le Corporazioni lo sapevano e gradivano la Giungla… Perché loro erano i più forti. Avevano scatenato questa totale disgregazione sociale perché quello che ancora qualcuno ricordava chiamarsi “Stato” era l’unica cosa più forte di loro… Quando esisteva uno “Stato” vero, quando l’Amministrazione era davvero rappresentante del volere dei Cittadini, le Corporazioni avevano i “Clienti”… Oggi invece, avevano finalmente i “Sudditi”.
E i sudditi erano lì giù nelle strade a contendersi con le unghie e con i denti (per non parlare delle lame e dei proiettili), le briciole della loro ricchezza, ammazzandosi l’un l’altro… Lì la Giungla di vetro e acciaio non conosceva equilibri come quella corporativa: ogni giorno e ogni notte la violenza e il sopruso venivano a bussare alla tua porta e se non eri abbastanza forte da mandarli via a calci, ti strappavano quello che volevano senza ovviamente darti nulla in cambio. E qui per strada non era come nei palazzi dei Corporativi. Loro avevano grosse armi, tanti soldi, stregoni che brandivano il fulmine, il fuoco, il vento o qualunque altra cosa volessero, mentre qui per strada c’era poco potere nel singolo individuo: la forza stava nel Numero. Era quindi perfettamente inutile che i media sbraitassero contro queste terribili Bande Giovanili che oramai infestavano le strade. L’aggregazione in queste “Bande” era l’unico modo in cui i ragazzi potevano sentirsi forti. E essere forti poteva voler dire poter sopravvivere. Ogni uomo ha radicato dentro di sé l’istinto di sopravvivenza… É un dato di fatto per cui non lo si può criticare…
Così adesso la speranza di Izu era quella di star incappando in una di quelle bande che erano nate per proteggersi e non per predare… Ma da fuori avevano tutti lo stesso aspetto: era prerogativa di tutti quella di sembrare minacciosi, chi non sembrava pericoloso sarebbe stato sicuramente il primo bersaglio ad essere scelto. Si avvicinò cercando di mostrare il massimo della disinvoltura che gli era concessa e ben presto i due cominciarono ad occhieggiare nella sua direzione per tenerlo sotto controllo. Infine fu a pochi passi da loro e sotto il loro sguardo fisso e indagatore. Avevano smesso di parlare e tenevano gli occhi fissi su di lui, pronti… Erano armati, ovviamente. Quasi nessuno girava più disarmato ormai, con grande gioia delle Corporazioni delle Armi: sarebbe stato un imperdonabile segno di debolezza e i deboli… Beh, oramai il concetto dovrebbe essere chiaro… Izu sapeva di essere debole in quel momento e non poteva fare nulla per nasconderlo, sperava solo di poter dimostrare che la sua forza non stava nel poter far del male agli altri.
“Ehi, salve ragazzi!” Esordì quindi con una frase neutra di saluto. I due in principio non risposero rimanendo a fissarlo. Sapeva cosa stavano cercando: armi nascoste. Chi andava cercando membri armati di una banda senza essere armato a sua volta poteva cadere solo in tre categorie: o era uno stupido, o non aveva bisogno di armi per difendersi oppure era un’esca.
“Ciao” Fecero loro di rimando con altrettanta neutralità nella voce. Qualche imbarazzante momento di silenzio in cui entrambe le parti attendevano la mossa dell’altro, poi fu Izu a ricominciare
“Io… Io avrei un problema ragazzi… Non è che mi potreste dare una mano?”
“Tutti hanno problemi, al giorno d’oggi” Fu la fredda risposta di quello di destra
“Sì… Sì lo so…” Continuò Izu cercando di fare il possibile per scrollarsi di dosso quell’aria da novellino che si sentiva addosso “… So che i problemi uno dovrebbe risolverseli da solo, ma non vi sto chiedendo di farlo gratis…”
“Beh… questo cambia un po’ le cose… Che c’è, qualcuno ti ha rubato qualcosa? Vuoi che te la riprendiamo? Se è nella nostra zona non devi preoccuparti… A proposito, sei di qui? Non ti ho mai visto in giro”
“N… No, a dire il vero non sono di qui…”
“Ah sì? Allora potrebbe costarti un extra, gli “Stranieri” non ci piacciono” Commentò francamente l’altro. Come si potessero trovare “Stranieri” persino tra gli abitanti della tua stessa città, era però un concetto intrigante.
“Non è un problema” Replicò prontamente Izu, sentendo che era arrivato il momento di giocare il suo asso “Sono sicuro che troverete quello che ho da darvi di vostro gusto”
“E di che si tratta?”
“Venite con me, ve lo faccio vedere” Era però anche venuto il momento più difficile… Quella era la tipica frase che identificava l’Esca piuttosto che il Mercante. I due infatti si guardarono circospetti, probabilmente pensando proprio a questo problema, ma risolsero in fretta.
“Ma certo! Facci strada!” Disse uno estraendo la pistola e puntandogliela contro. “Oh scusa… Solo una piccola precauzione, sai, con la gente che c’è in giro…” Disse sarcastico il teppista in risposta al suo viso preoccupato. Nonostante la crescente sensazione di pericolo, Izu tentò di rimanere calmo e ignorare la minaccia, tentando di calmarsi col pensiero che, in fondo, quello non aveva una vera ragione per volergli sparare… A parte la violenza gratuita che andava molto di moda di questi tempi…
“Ehi… Nessun problema, amico” Fece Izu con l’emozione che tradiva un poco la voce “Capisco benissimo… Da questa parte” disse dandogli le spalle e cominciando a tornare verso l’angolo da cui era venuto
“Tu rimani qui” Disse quello che aveva estratto l’arma rivolgendosi al suo compagno “Se succede qualcosa di strano vai a chiamare subito gli altri” L’altro non fece che annuire e riappoggiarsi al muro scrutandosi attorno. Izu voltò l’angolo, notando con piacere che Ari aveva seguito il suo consiglio nascondendosi lontana dagli occhi del teppista. Era invece rimasto il mezzo che li aveva portati lì, ora spento; Izu gli si avvicinò e lo mostrò orgogliosamente al suo “cliente”.
“Ecco! Che te ne pare? Sono riuscito a fregarne uno e a scardinarne le protezioni software… può funzionare con chiunque… e non è monitorato dalla casa base. Sarebbe un fantastico acquisto per la tua banda, non trovi? Poter avere un mezzo volante sarà sicuramente molto utile oltre che molto prestigioso!” Nonostante la proposta di Izu fosse sincera, il teppista cominciava a ponderare una serie di difficoltà e di problematiche nell’acquisto di tale merce che lo lasciò a lungo in silenzio, poi:
“Questa è roba che scotta, amico… Non so come l’hai avuta ma… Piuttosto… che cosa può volere uno che riesce a procurarsi roba simile da una semplice banda di strada?”
“Io… Io ho solo bisogno di un posto dove far calmare le acque… Ma non conosco nessuno nella zona…”
“Allora stanno cercando questa roba” Osservò l’altro riferendosi all’avioscooter
“N… No… Stanno cercando solo me… Lo scooter è pulito, non c’entra…” Lo sguardo del suo interlocutore si fece ancora più inquisitivo mentre cercava di far lavorare al meglio le sue meningi… Poi decise di provare un approccio diretto con quello strano ragazzo
“Ma allora… Allora sei tu! Sei tu quello che quegli sbirri bastardi stanno cercando come dei matti!” Gli occhi di Izu si spalancarono senza che lui potesse fare nulla per impedirlo
“N… No! Non so di cosa tu stia…” Provò a negare lui, ma la sua reazione di sorpresa pareva essere stata argomento migliore per il convincimento del teppista
“Ah! Vecchia volpe! Gli stai dando un sacco di filo da torcere! Sono tutti incazzati neri perché non riescono a trovarti! Sei troppo forte! Se me lo dicevi subito che era per fregare gli sbirri che avevi bisogno d’aiuto, non ti facevo tutte quelle paranoie!” Esclamò con quello che sembrava genuino entusiasmo il ragazzo e come segno di sincerità rimise la pistola nella fondina.
“Ah… Ah ah… Grazie…” Cercò di replicare lui, un po’ spiazzato da quel cambio di atteggiamento repentino. Il suo nuovo “amico” si sporse da dietro l’angolo per rivolgersi al suo collega
“Ehi! Qui è tutto a posto! Continua a dare un occhio in giro e fai in modo che non ci disturbino!” L’altro alzò il pollice in segno di approvazione e rivolse il capo dall’altra parte, verso le strade più trafficate.
“Allora… Hai bisogno di startene un po’ tranquillo, eh? Niente paura, se è per fare impazzire gli sbirri, siamo sempre ben disposti”
“Ah… Grazie, grazie davvero… Però…”
“Però cosa?”
“C’è un’altra persona con me… Non è un problema, vero?”
“Uno o due non fa differenza, basta che non siate in metà di mille… Ma che avete combinato?”
“Uh… Aspetta…” Si voltò verso dove Ari avrebbe dovuto nascondersi e chiamò “Vieni pure, non c’è pericolo!” Timidamente la testa della ragazza fece capolino dal suo nascondiglio e, insicura si fece avanti…
“Ah! Una tipa! É la tua donna quella, amico?”
“Sì” Rispose Izu secco. Anche se non avrebbe voluto essere così schietto in presenza di lei e non avrebbe mai definito Ari “la sua donna”, sapeva che qualunque altra risposta avrebbe potuto significare per una ragazza bella come lei essere al centro di una indesiderata attenzione.
“Allora, che avete combinato voi due per avere tutti quegli sbirri alle costole?”
“Noi… Noi…” Izu si fece forza e tentò di sembrare il più spavaldo possibile “… Beh, diciamo che li abbiamo presi a calci nel culo e ora vogliono farcela pagare…” Il teppista credette di cogliere nella frase di Izu un ammiccamento di intesa e subito lo ricambiò uno sguardo complice
“Aaaah! Ho capito!” Fece anche se a Izu pareva di essere rimasto un po’ troppo sul vago perché avesse capito sul serio qualcosa “Forza allora, non c’è tempo da perdere! Da questa parte! Lasciamo qui lo scooter, se ne occuperà il mio amico!” E senza aspettare risposta si incamminò lungo il vicolo facendo cenno di andargli dietro. Dopo essersi scambiati una breve occhiata, i ragazzi decisero che non avevano molte altre scelte e seguirono la loro guida. Per qualche minuto, il teppista continuò solo a camminare, portandoli attraverso alcune strade secondarie per poi sbucare in una strada più trafficata dove, guardandosi attorno per vedere se c’era polizia in vista, lanciò loro il monito di non perderlo di vista prima di immergersi in mezzo alla folla. Quando poi furono rientrati negli anfratti che separavano i palazzi dall’altra parte della strada, si voltò verso di loro senza smettere di camminare e riprese la conversazione
“Allora… Siete… Siete voi, vero? Cioè, voglio dire… Siete dei loro vero?” fu questa volta lui quello ad esprimere confusione ed imbarazzo, cosa che tuttavia non pose nessuno dei due fuggiaschi in una posizione di sicurezza
“In… In che senso?” L’altro attese qualche istante cercando la forma corretta per formulare la domanda, poi la buttò fuori tutta di un fiato
“Siete toccati, vero?” |