Tenshi no Namida


Lasciando il tempio quella sera, Drusinua si rese conto di quante cose nuove avesse scoperto nelle parole e nei gesti di quel cantastorie a cui ancora non aveva osato chiedere nemmeno il nome. Era cresciuta in un mondo che pensava fosse tutto contenuto nelle parole della dottrina dei funzionari, un mondo che quindi pensava di conoscere perfettamente, i suoi meccanismi tutti racchiusi in quegli schemi tanto semplici e brutali che persino una bambina come lei aveva potuto imparare in fretta… Ma ora le sembrava che le cose non fossero più tanto semplici… E non era del tutto male: la brutalità e la sofferenza a cui l’avevano abituata a rassegnarsi, la sua inferiorità ereditata dalla qualità di orfana che sembrava essere un marchio di infamia impossibile da cancellare… Tutte queste cose ora sembravano appunto… meno certe… Sì, sarebbe forse stato anche più difficile: la rassicurazione che dava una guida divina e onnipotente, la promessa di una ricompensa certa per chi serviva il Volere di Amryza, racchiuso ovviamente nelle dottrine dei funzionari… anche quelle cose sembravano meno certe… Ma quel mondo che aveva scoperto nel tempio, un mondo sì incerto, ma in cui si poteva essere liberi, in cui si poteva essere felici, in cui si potevano incontrare gli angeli, le sembrava preferibile alla granitica certezza che fino ad allora le avevano imposto e che aveva più l’aspetto di una prigione che di un rifugio. Per tutta la sua vita le avevano insegnato quali erano le risposte giuste… Ora invece cominciava a pensare che fossero le domande ad essere davvero importanti.

E quella domanda continuava a ripetersi mentre lasciava la cittadella sotterranea per risalire alla superficie “Che cosa desideri davvero?”… Non lo sapeva, ma per lo meno ora era almeno conscia di ciò… Mentre per una vita si era ingannata di saperlo con la massima chiarezza. In quella passeggiata notturna che desiderava fare c’era tutto il bisogno di respirare una nuova aria, di ricominciare un po’ tutto… Forse davvero aveva scelto male nel voler usare la spada… Forse le scritture di Amryza sarebbero state più interessanti… o forse niente di tutto questo… forse solo qualche semplice impiego… “Magari al servizio di un nobile in esilio, come attendente” si sorprese a fantasticare mentre sentiva il vento notturno passarle tra i capelli e i suoi piedi risalivano un pendio erboso… Non sapeva cosa sarebbe successo di lì in avanti, ma di certo sapeva che la attendevano grandi cambiamenti.

…Ma i cambiamenti raramente ci raggiungono quando siamo pronti per loro o nella forma in cui ce li aspettiamo… E il momento di Drusinua la aspettava proprio quella notte, proprio in cima a quella collinetta erbosa… aveva l’aspetto dei suoi fratelli elfi oscuri… Uno era l’alto funzionario incaricato del loro addestramento e intorno a lui altre figure più giovani in cui era facile riconoscere i suoi più eminenti studenti, tra cui Lelenia e alcune delle sue “compagne”. Il suo momento aveva il suono di una voce roca e sporca, quella di un orco… A Drusinua avevano insegnato i rudimenti della loro lingua, per riconoscere gli ordini che avrebbero gridato sul campo e per condurre gli interrogatori, ma quelle che uscivano gutturali dalla bocca dell’orco non erano parole di supplica, come sarebbe giusto aspettarsi da una creatura tanto inferiore di fronte a un drappello di fratelli che tanto “rendevano orgogliosa” la Madre… Erano parole di mercante… Sembrava quasi rimproverare il funzionario perché erano “anni che non facevano un buon affare come quello là”.

Ma il suo momento aveva anche la voce del suo istruttore, che con una pronuncia certo meno corretta di quella primitiva lingua, ma sicuramente a lei più comprensibile rispondeva che doveva rendersi conto che “Non si può dare alle fiamme un orfanotrofio ogni giorno” avrebbe dovuto accontentarsi….

Quante cose potevano significare quelle parole? Quante spiegazioni potevano esserci? Quante più credibili del fatto che un insigne istruttore, devoto di Amryza, insieme a coloro che più avevano dimostrato di essere degni di lavare l’onta del disonore in quel momento stessero trattando un tradimento della loro stessa razza? In realtà, molte. Tanto tutti loro erano cresciuti all’ombra di quella cieca devozione che anche le spiegazioni meno plausibili sembravano preferibili all’idea che un fratello tradisse Amryza e il suo popolo. Fu per questo che esitò, che non si nascose, che non si acquattò per spiarli… Per questo quando il funzionario voltò il capo la vide perfettamente in piedi sul pendio… O forse era solo perché quello era il suo momento… Ma fu l’istruttore a infrangere i suoi dubbi… Alzando il braccio minaccioso e indicandola, urlando il comando di inseguimento… E come una muta di mastini da caccia, i suoi fratelli scattarono al comando a cui erano stati addestrati a rispondere. E anche le sue gambe risposero senza chiedere al cervello, solo la voltarono e cominciarono a correre prendendo a prestito tutto il fiato che aveva in corpo per dirigersi all’ingresso del complesso sotterraneo.

Conservò solo il respiro necessario ad urlare l’allarme mentre si lanciava oltre l’ingresso e le guardie la afferravano, reagendo all’improvvisa irruzione di una giovane allieva che gridava senza risparmiarsi. Ma ebbe il tempo solo di urlare un paio di frasi in cui era difficile costringere una situazione tanto improbabile e complicata, poi Lelenia e i suoi fratelli recuperarono il distacco e le furono addosso trascinandola a terra, strappandola alle guardie. Furiosa e disperata, anche se confusa, Drusinua ne colpì alcuni al volto per toglierseli di dosso, temendo che in quel corpo a corpo avrebbero cercato lo spazio per pugnalarla e chiuderle così la bocca, ma non fu così. Nessuno estrasse alcuna lama, limitandosi a strattonarla a destra e a manca, fino a quando le guardie non li divisero come avevano sedato altre volte delle semplici zuffe tra ragazzini.

Ma con il fiato corto per la corsa, la paura e la colluttazione, Drusinua capì solo troppo tardi quante di quelle “finezze tecniche” le mancassero, di come per lei il campo di battaglia fosse ancora il limitato cerchio in cui duellava con armi finte. Lo capì quando vide che la zuffa aveva dato il tempo al funzionario di raggiungerli… Raggiungerli prima che lei avesse detto alcunché di decisivo. E al suo arrivo, fu a lui che le guardie chiesero spiegazioni, non a lei. E lui fece ciò i traditori fanno meglio: mentì. Mentì dicendo che avevano sorpreso lei a trattare con un orco affari oscuri e che l’avevano inseguita. Che erano usciti appunto perché un’allieva problematica si era allontanata in modo sospetto e così…

Drusinua capì che rimanere nei ranghi non aveva più senso e gridò per coprire la voce del funzionario, gridò quello che aveva visto, anche se era poco, gridò che era lui che concordava uno scambio con un orco. Una guardia gridò più forte di lei per riportarla all’ordine e comandandole di lasciar parlare un superiore; i ragazzi urlarono più forte che era una traditrice e una bugiarda, l’altra guardia gridò più forte ancora, dicendo di fare silenzio… Ma la voce che risuonò più forte, quella che mise tutti a tacere, fu quella che non disse nemmeno una parola. Fu quella dell’istruttore, che senza proferire alcunché la fissò negli occhi e sollevò la testa dell’orco, nettata dal collo con un colpo di spada, ancora grondante di sangue. Tutti tacquero. Gli occhi di Drusinua si sbarrarono, mentre il fiato già corto le mancò del tutto e sentì il suo cuore che pur battendo all’impazzata le affondava nel petto.

Impossibile replicare a quell’esibizione… Sì, forse se non l’avessero cresciuta per essere poco più che una spada pronta a trafiggere i nemici del suo popolo, forse avrebbe potuto dire che il funzionario aveva sacrificato una pedina per coprire un commercio, una collusione più grande… O anche che… Ma che importava? Chi avrebbe mai ascoltato un’allieva incapace mentre accusava uno stimato funzionario del suo popolo? Anche se fosse stato tutto evidente… Lei era comunque la disgrazia del suo corso, quella che non era capace di rendere Amryza orgogliosa di lei, quella che ovviamente odiava il suo popolo perché non sapeva essere all’altezza… Era così inutile che quasi anche lei stessa avrebbe creduto più facilmente a quella storia piuttosto che Lelenia Eldoryl, regina del suo corso, prossima Sentinella di Amryza, celebrità tra i suoi compagni fosse al fianco di un traditore mentre contrattava con uno spregevole orco.

Drusinua pensava questo mentre le guardie eseguivano l’ordine di rinchiuderla e cercava di capire che cosa le sarebbe successo ora… Ma quando fu chiusa in quella cella non ci furono singhiozzi, né urla per dichiarare innocenza o lanciare accuse, solo un catatonico silenzio stupefatto… Tradimento… Come avevano potuto? Persino lei, con il viso nel fango, con le risate di scherno nelle orecchie, MAI aveva pensato ad altro se non a servire Amryza meglio di quanto facesse. Persino in quel momento pensava a come fare in modo che Amryza fosse servita nel migliore dei modi… Mentre alcuni dei più acclamati e rispettati fratelli… avevano tradito. La convinzione che Lelenia non fosse degna di Amryza l’aveva supportata per molto tempo, ma questo… Questo era davvero incredibile… Come poteva Amryza lasciare che accad… E la domanda riaccese le parole dell’elfo nella sua mente… Riportandole viva e forte l’espressione di quieta tristezza che sempre portava… “Una Saggia Madre non interferirà con quanto essi hanno scelto…” …era questo che il suo popolo aveva scelto? Aveva ragione l’elfo… era davvero triste…

Nella sua cella Drusinua sedeva in silenzio, quella rivelazione l’aveva disarmata e ammutolita, rendendola improvvisamente incurante di cosa sarebbe successo a lei. Il pensiero la teneva lontana dalla paura di essere giustiziata per un crimine che non aveva commesso, ma sarebbe stata comunque una preoccupazione inutile… Perché aveva ragione. Agli occhi di tutti in quella struttura era un’inutile incapace: al di là di quell’allarme che stava per lanciare gridando a pieni polmoni, quale danno avrebbe potuto provocare a un piano ben ordito, a delle perfette coperture blasonate da posizioni di rilievo e cariche onorevoli? Lei da sola era poco più che un fastidio e l’accusa di essere l’ideatrice di un simile tradimento avrebbe sollevato ilarità se non dei sospetti a doppio taglio. Accusarla e ucciderla per tapparle la bocca era davvero un gesto da dilettanti… Come lo sarebbe stato accoltellarla davanti alle guardie. Ma lasciarla libera sarebbe stato ugualmente impensabile… Avrebbe comunque potuto parlare… E magari qualcuno le avrebbe creduto… Magari qualcuno di adulto, che l’allieva incontrava spesso, che aveva una simpatia per lei, che un tempo aveva ricoperto cariche importanti, magari un “ospite sgradito”, magari qualcuno che aveva ancora il “favore” di qualcuno alla capitale che gli aveva evitato la condanna a morte convertendola in un ritiro di contemplazione… e a sua volta questo cavaliere in declino avrebbe potuto essere creduto da un nobile altolocato… E allora sì che le cose si sarebbero messe male… E allora sì che forse quella stupida allieva poteva non essere del tutto inutile… Se solo da improbabile orditrice di complotti si fosse mutata in circuita pedina, sedotta e usata da un più credibile traditore… Più credibile e più utile da togliere di mezzo…