Tenshi no Namida


Appena fu a distanza utile, Lelenia alzò la spada, stuzzicando la sua guardia con dei piccoli affondi, per innervosirla. Ma mentre con un abile gioco di polso Drusinua intercettava la lama che subito si ritraeva per schernirla con l’ennesima finta, sentiva che quello che la stava colmando non era nervosismo o impazienza. Era il suo desiderio che stava sbocciando come un fiore. Il suo cuore lasciò il sussurro agrodolce del ricordo e cominciò a pompare al ritmo delle spade che cozzavano tra loro, ogni battito più vicino a quello precedente, ogni battito più forte, ogni battito più chiaro non solo nel battere il tempo della danza, ma portando da lontano, come una valanga, l’ultimo pezzo della sua melodia.

Era la Voce, era il Canto. Erano le Parole che avrebbe voluto dirgli. Era quello che avrebbe voluto gridargli così forte da farglielo sentire fino in cielo. Ma la sua voce non sarebbe uscita dalle sue labbra, avrebbe parlato con la forza di quella battaglia e quel grido lo avrebbero sentito tutti.

Le stoccate della arrogante compagna batterono gli ultimi tre colpi del crescendo del suo cuore, con la stessa spocchia di un gatto che gioca con il topo, come aveva fatto cento altre volte.

Ma questa volta non era un gioco.

Sull’attacco del suo grido gli occhi di Drusinua avvertirono dell’errore la compagna con uno sguardo che aveva in sé il più puro e potente desiderio, poi con la guardia dell’elsa andò a cercare la lama che ancora giocava, colpendola come con uno schiaffo, con una mossa che a Lelenia parve senza senso, perché non avrebbe mai potuto rispondere con la lama prima che lei tornasse in guardia. Ma Drusinua non voleva tentare l’affondo, voleva rullare i tamburi per dare più forza alla sua voce che stava per esplodere e caricando il peso in avanti lasciò partire la sua prima nota con un pugno violento come il dolore che provava nel cuore. La mano guantata dell’elsa della spada si schiantò sulla faccia di Lelenia fracassandole il naso e facendola ruzzolare per terra mentre la voce silenziosa delle spade spingeva Drusinua alla carica degli altri compagni urlando loro quello che le era stato tolto. Quello che non poteva riprendersi. Quello che loro avrebbero pagato.

Ed eccole. Eccole le parole che del suo canto! Ecco le sue rime! Ecco quello che avrebbe voluto dirgli. Ecco la sua risposta cantata con la forza di cento affondi e mille fendenti!

Mentre le sue gambe seguivano i passi della danza ora le sue spade seguivano quelli dei suoi pensieri, senza fermarsi, tra le guardie e le tecniche dei suoi avversari.

Confessavano con un urlo disperato e rabbioso che lui era l’ultimo romantico e il suo cuore era trafitto da un dolore che lei avrebbe voluto accudire. Avrebbe sopportato volentieri le stesse ferite d’amore se fosse stata con lui. E ora che non c’era più… Solo ora aveva la Risposta, solo ora sapeva cosa desiderava davvero.

Lei voleva solo trovare ciò che rimaneva degli Angeli.

Quella dolcezza, quel calore, quel mondo in cui non si è solo schiavi, in cui si può essere deboli, in cui si può amare. Quel mondo che lui custodiva nel cuore.
E ora che gliel’avevano portato via per sempre, ora che anche la Reminiscenza degli Angeli se ne era andata, lei non era altro che una bambina romantica senza una mano da stringere, con un cuore di ghiaccio.

E con quel cuore di ghiaccio avrebbe bruciato ogni cosa.

Un desiderio di dolcezza trasformato nel più ardente desiderio di distruzione, ora non conosceva ostacoli. Ora che la sua danza era completa anche di una voce, non la fermava la paura del dolore: non parava per non farsi male, ma per poterli colpire. Non la fermava la paura di sbagliare: il suo errore più grande era già alle sue spalle.

Non la fermava la paura della morte: non combatteva per salvarsi la vita, combatteva per ucciderli tutti.

E quel canto disperato e spaventoso non era fatto di parole, ma lo sentirono tutti comunque. Quando la guardarono negli occhi mentre volteggiava fra loro capirono che stava già vedendo il modo in cui li avrebbe uccisi. Quando videro che le finte non la distraevano più, capirono che non le interessava che la ferissero, né che la uccidessero. Più del suo sangue, più della sua vita, desiderava il loro. Nessuno di loro voleva morire. Nessuno di loro avrebbe rinunciato nemmeno alla parte più piccola del proprio corpo per sconfiggerla. Ma in una Vera Battaglia, sono i Cuori che si confrontano e chi non è disposto a perdere nulla, nulla potrà mai ottenere. E fu chiaro quando le corde della musica suonarono la melodia ancora più forte e Drusinua raggiunse il suo primo bersaglio trafiggendo uno dei traditori che erano stati a guardare, mentre ciò che di più nobile era rimasto al mondo sacrificava la vita per lei. E mentre il timore che quell’incapace potesse davvero togliere loro ciò che più avevano di prezioso, colei a cui avevano già rubato quel che di più prezioso aveva trovato non si saziò di quel piccolo tributo.

Il suo cuore di ghiaccio continuava a bruciare. La sua canzone continuava a suonare.

Tuffandosi tra i codardi che cominciavano ad allontanarsi da lei sperando che un altro di loro la combattesse, ripetè il suo urlo disperato scostando brutalmente una guardia con una spada per poi affondare l’altra sanguinaria per bruciare un altro traditore. Sperandola scoperta qualcuno tentò di porre fine al suo incubo, ma il suo affondo trovò la danzatrice evanescente come il vento, mentre ruotando sul fianco gli apriva una porta invisibile oltre la quale lo lasciava cadere per trafiggerlo tra le scapole appena oltre la soglia.

Con la rabbia di un orgoglio ferito Lelenia si costrinse ad ignorare l’umiliazione e il dolore rialzandosi dal fango in cui quella che doveva essere una divertente bambolina da rompere l’aveva scagliata, ma quando si riavvicinò all’avversaria, oramai dei suoi “complici” non ne era rimasto che uno. Sentendo che qualcun’altro voleva danzare con lei, Drusinua incrociò le spade sotto a quella del ragazzo per poi spingersi contro di lui costringendolo a sollevarla e lasciarle spazio per danzare attorno a lui, frapponendolo tra lei e Lelenia. Liberando la lama il giovane si preparò a replicare, ma finì in realtà per essere travolto dall’irruenza della sua compagna che sopraggiungeva. L’impatto lo sbilanciò leggermente, quanto bastava per distrargli la guardia… e lasciare che il desiderio di Drusinua bruciasse anche lui con un affondo che lo passò da parte a parte. Pur sempre la prima allieva del suo corso, Lelenia percepì le vere intenzioni della sua nemica e si ritrasse un istante prima che la lama spuntasse dal corpo del compagno per trafiggere anche lei per poi subito cercare di lavare quel suo disonore con il sangue di quella incapace.

Drusinua la accolse nei passi della sua danza ardente, sentendo il desiderio diventare ancora più chiaro davanti a lei, riempiendole gli occhi di una luce davvero sinistra. Le corde d’acciaio delle spade suonarono mille note rabbiose mentre le loro lame si incrociavano a più riprese.

Mai. Mai. Mai e poi mai avrebbe lasciato che quell’inetta la battesse in un duello! Lei era cento volte più brava, conosceva tutte le tecniche per vincere, tutte le parate per non farsi toccare! Ma ancora non afferrava la Verità

Drusinua non stava duellando con lei, stava Danzando la Danza della Morte. I passi di quella danza non si imparano in un cerchio sterrato per allenamenti. Nascono solo da un Cuore ardente.

Sentendo il momento della sua canzone essere giunto Drusinua si lasciò cadere a terra, evitando un fendente dell’avversaria e rotolando sul fianco oltre di lei. Lelenia si voltò veloce: avendo affrontato già altre volte una simile situazione in allenamento si preparò a colpirla quando avrebbe dovuto rialzarsi. Ma in allenamento sono marcati punto solo i colpi al busto o alla testa. Qui non erano in allenamento. Drusinua non aveva bisogno di fare alcun punto. Drusinua non aveva bisogno di rialzarsi. E se non aveva paura di morire, non aveva certo paura di rotolarsi nel fango. Danzando sull’ultima nota di quella strofa, contorse il suo corpo come quello di un serpente, facendo sibilare le sue lame appena un soffio sopra il terreno, dove Lelenia non aveva mai avuto bisogno di alcuna parata. Le caviglie trafitte della ragazza cedettero subito facendole lanciare un grido di dolore acuto. Con un colpo di reni Drusinua fu in piedi e con un ultimo volteggio mise a tacere quella nota stonata trafiggendole la gola.